Salite e discese
Mi piacciono le salite.
Quelle ripide.
Quei sentieri che visti da lontano sembrano serpenti impennati sulla montagna, verdi, sinuosi, affascinanti.
E mi avvicino cauta, con lenta memoria di sacrifici e fatiche, forse mi arrendo prima di cominciare ma poi quei serpenti mi guardano e mi sfidano.
E non resisto, vado.
E quando inizio a salire metto forza nelle gambe e nella mente e nell’attimo in cui il fiato sembra mancare mi ricordo di allargare il petto e chiedere più ossigeno, fissando in alto quello scorcio di nuvole che sembrano abbracciarmi.
Allora sento una folata di vento che porta il profumo del coraggio e mi incita a proseguire.
Un passo, poi un altro e un altro ancora.
Un ramo mi taglia la strada di traverso e io lo seguo, perché mi sta indicando una via alternativa, lontana dalla logica scontata di un cammino previsto, distante dall’osservare da una sola direzione.
La salita continua a serpeggiare e a condurmi ammiccante verso direzioni discontinue, offrendomi paesaggi irreali che si mischiano con le aspettative ormai dimenticate per dare spazio all’imprevisto e la luce dell’orizzonte si dissolve nei miei occhi lucidi di emozione.
È dolce il passo che si spinge guidato dal desiderio di scoprire nuovi mondi; è rapida la gamba che si tende in avanti, affamata di visioni più alte; è chiara alla mente la linea di confine tra il cielo e l’anima che va scomparendo sfumando nel ricordo.
Quando improvvisa arriva la cima, è un cerchio che si chiude, una parola prima del punto, il vuoto d’aria prima di volare.
Voltandomi, guardo dietro di me: il passato ha già cambiato i suoi colori, le ombre che danno le spalle al tramonto hanno il sapore dell’erba secca e il cielo ora è più alto.
E la salita è diventata una discesa.
Nella foto l’opera di arte postale IL SOLE